Le università telematiche negli ultimi anni, complici la sempre maggiore domanda di istruzione flessibile e accessibile che permette agli studenti di conciliare impegni lavorativi e personali con gli studi, e la pandemia che ha sdoganato la didattica a distanza in seno al grande pubblico, hanno guadagnato terreno nel panorama dell’istruzione europea.
Sono 11 in totale le università ‘a distanza’ presenti in Italia, tra cui le più note come Pegaso, Niccolò Cusano, Leonardo da Vinci e Mercatorum. Nate nei primi anni duemila, operative da circa un ventennio quindi, le telematiche hanno visto una crescita notevole e repentina, arrivando a portare il numero di immatricolati nel Paese alla cifra record di 1.949.481 nell’anno accademico 2020/21, contro i 1.767.008 del decennio precedente.
Secondo i dati dell’Anvur ( Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario, ndR), nel loro secondo decennio di vita il numero di iscritti alle università telematiche è passato, quadruplicando, da circa 44mila nel 2012 a 224mila nel 2022 (+180mila), numeri che hanno portato la loro percentuale di studenti rispetto al totale presente in Italia dal 2,5% all’11,5%.
Le telematiche, complice anche l’ampliamento dell’offerta formativa, hanno dato il via a un trend che vede sempre più persone iscriversi o spostarsi verso i corsi ‘da remoto’. Gli 11 atenei della categoria hanno più che raddoppiato i corsi di laurea, da 70 a 149 e ora si può studiare praticamente tutto online, tranne Medicina e qualche altra disciplina, a causa dei tirocini formativi obbligatori.
Il maggior numero di corsi interessa l’area economico-giuridica e sociale, 68, 45,6% del totale, seguita dall’area STEM (tecnico-scientifica) con 38 corsi, il 25,5%; al terzo posto c’è l’area artistica, letteraria e dell’educazione e i suoi 33 corsi, 22,1% e infine l’area sanitaria e agro-veterinaria che conta 10 offerte, 6,7%.
Per quanto riguarda il passato accademico degli studenti iscritti a un’università telematica, notiamo che nell’anno 2021/22 101mila studenti, ossia il 45,2%, avevano una passata esperienza in università tradizionali.
Relativamente all’età degli iscritti e laureati, circa l’80% dei diplomi conseguiti nelle università tradizionali nel 2020/21 ha riguardato laureati fino a 23 anni, che nelle telematiche scendevano al 20,6%, e dove il 60% dei laureati aveva almeno 28 anni.
L’evoluzione delle università telematiche però ha portato a un dibattito sempre più acceso nel mondo accademico e dell’istruzione sui requisiti di qualità minimi da rispettare .
È attivo al momento presso il Miur un tavolo di lavoro che dovrebbe esaminare l’attuale disciplina delle università telematiche e proporre eventuali modifiche.
Le telematiche fino a oggi avevano potuto godere di un vantaggio in termini di costo rispetto alle università tradizionali: il corpo docente delle università telematiche infatti era costituito prevalentemente da professori a tempo determinato. Un successivo decreto ministeriale del 2019 aveva ulteriormente modificato la situazione, introducendo requisiti di accreditamento anche più blandi. Nel 2021 però l’allora governo Draghi emanò il D.M. 1154/2021 che aveva imposto nuovi standard di adeguamento entro il 2025 per tutte le università, comprese quelle telematiche, con l’obiettivo di stabilire un rapporto più stretto tra il numero di docenti e quello degli studenti iscritti e ora sugli Atenei online pende questa spada di Damocle. La data di verifica della sussistenza dei requisiti è stata fissata per il 30 novembre 2024.
Per capire la differenza principale, sotto questo punto di vista, fra tradizionali e telematiche, basti pensare che la più grande università telematica italiana contava nel 2022 circa 90 mila studenti iscritti e 401 docenti di cui 335 (l’83,5%) a contratto, mentre – per fare un paragone con una struttura classica – l’università di Bologna con 85mila studenti contava 5.489 docenti, dei quali 2.525 di ruolo e il 18,6 per cento a contratto: numeri esattamente opposti.
Ma il futuro dell’istruzione europea sembra sempre più orientato verso un approccio digitale e lo dimostra la proposta che la Commissione europea ha presentato mercoledì 27 marzo: tre iniziative “per promuovere la cooperazione transnazionale tra istituti di istruzione superiore, con l’obiettivo finale di creare una laurea europea” e rilasciare titoli di studio, inclusi master e dottorato, riconosciuti automaticamente nei 27 Stati membri dell’UE.
È ragionevole immaginare che Internet sarà parte integrante, se non addirittura fondamentale, di questo processo di internazionalizzazione dell’istruzione di alto livello.